LA TRADIZIONE
L’isolamento e l’emarginazione, e la discriminazione hanno prodotto effetti negativi pesanti. Afflitta, perseguitata, tenuta in miseria e in condizioni igieniche spaventose, la comunità romana chiusa nel Ghetto non si avvilisce però si cristallizza. Mentre la città di Roma, col passare dei secoli, cambia e si trasforma perdendo molte delle sue tradizioni, all’interno del Ghetto la vita continua indifferente ai cambiamenti che caratterizzano una metropoli in cui continuamente arrivano e partono migliaia di persone, sviluppa una sua particolare economia e cultura in una bolla separata dal resto della città.
Le due espressioni più eloquenti di questa “bolla culturale” sono il dialetto giudaico-romanesco e le ricette della cucina ebraica.
Il dialetto, un misto di parole ebraiche e romanesco che si parlava Roma nel ‘500, è praticamente scomparso ma le ricette di una cucina povera e semplice per fortuna sono arrivate fino a noi. Nonna Betta, mia nonna nella realtà, è stata depositaria di questa tradizione fatta di ingegno e pochissimi mezzi e ci ha tramandato i piatti che facevano parte del quotidiano di gente poverissima che raccoglieva gli scarti al mercato e chiedeva ai pescivendoli del Portico d’Ottavia di regalargli quello che avrebbero senz’altro buttato.
LA TRADIZIONE
L’isolamento e l’emarginazione, e la discriminazione hanno prodotto effetti negativi pesanti. Afflitta, perseguitata, tenuta in miseria e in condizioni igieniche spaventose, la comunità romana chiusa nel Ghetto non si avvilisce però si cristallizza. Mentre la città di Roma, col passare dei secoli, cambia e si trasforma perdendo molte delle sue tradizioni, all’interno del Ghetto la vita continua indifferente ai cambiamenti che caratterizzano una metropoli in cui continuamente arrivano e partono migliaia di persone, sviluppa una sua particolare economia e cultura in una bolla separata dal resto della città.
Le due espressioni più eloquenti di questa “bolla culturale” sono il dialetto giudaico-romanesco e le ricette della cucina ebraica.
Il dialetto, un misto di parole ebraiche e romanesco che si parlava Roma nel ‘500, è praticamente scomparso ma le ricette di una cucina povera e semplice per fortuna sono arrivate fino a noi. Nonna Betta, mia nonna nella realtà, è stata depositaria di questa tradizione fatta di ingegno e pochissimi mezzi e ci ha tramandato i piatti che facevano parte del quotidiano di gente poverissima che raccoglieva gli scarti al mercato e chiedeva ai pescivendoli del Portico d’Ottavia di regalargli quello che avrebbero senz’altro buttato.