oggi stavo tornando a casa con la bici quando incrocio un uomo con un cappello e gli occhiali con una giacca scura sportiva e le scarpe da gentiluomo di campagna. appena superato realizzo che l’uomo e’ massimo ranieri e allora torno indietro per dirgli una cosa. gli chiedo scusa, gli dico che mi dispiace importunarlo ma che non ho potuto fare a meno di tornare indietro per dirgli questa cosa. gli dico che quarant’anni fa, proprio là – eravamo davanti alla sinagoga – sotto al portico d’ottavia, insieme ad altri bambini del ghetto, abbiamo tirato due calci al pallone durante la pausa delle riprese di un film che stava girando. lui dice che si ricorda, non di aver giocato a pallone con me, ma del fatto che all’epoca stava girando un film. era un film con florinda bolkan. era il 1970, mi dice. e ci diciamo tutto questo mentre gli stringo la mano, e durante il ricordo, a tratti il suo sguardo si illumina di animazione e di piacere, stringe anche lui la mia mano e ci sento qualcosa di vero e di affettuoso. lui dice qualcosa che assomiglia a “fa piacere e ci vuole, ogni tanto, ritornare con la mente ai ricordi”. poi ci salutiamo. si era allontanato di una quindicina di metri, si volta e mi grida che il film era “incontro” poi se ne va confermando a se stesso l’esattezza del dato con piccoli movimenti affermativi della testa.
incontro, come il nostro.

A pelle ho sempre ritenuto Massimo Ranieri una gran bella persona, e questa testimonianza mi da un’ulteriore conferma.