kosher – kasher in ebraico – letteralmente significa “idoneo”, “adatto”, “consentito”. ma il termine non si applica solo ai ristoranti del ghetto o al carciofo alla giudìa. in questa categoria troviamo tutto quello che rientra nelle regole stabilite dalla religione ebraica riguardo alle cose da mangiare e da bere. in alcuni casi si applica anche a certi tessuti, che non sono kasher se contengono una mescolanza di fibre di origine vegetale e animale, e in quanto tali, è proibito indossarli (si dice schaanetz di un tessuto fatto per esempio di lana e lino). anche alcuni oggetti che appartengono alla ritualità – il tallet (lo scialle con le frange che indossano gli uomini) o i tefillin (filatteri che si legano al braccio e sulla fronte, al mattino, durante la preghiera) possono avere dei difetti o essersi rovinati e non essere quindi piu’ kasher/idonei, cioè adoperabili.
per estensione kasher si dice di una persona su cui poter contare, una persona amica e affidabile che non riserva sorprese.
non sapevo invece che il termine è entrato in uso anche nel mondo informatico. è ormai diventata una consuetudine linguistica diffusa internazionalmente definire kosher un programma, un software o un plug-in che ha superato tutti i test senza entrare in conflitto col resto. kosher, in questo caso, certifica quindi la compatibilità con un determinato sistema.
sarebbe bello immaginare un’applicazione per i-phone in grado di certificare la compatibilità tra un uomo e una donna che desiderano sposarsi o, ancora meglio, tra politici che intendono stabilire alleanze in vista di un futuro governo.
