Tutto quello che avresti voluto sapere sul kosher ma non hai mai osato chiedere.
Su quanto sia potente il sistema della moda hanno scritto in molti ma quando la moda riguarda il cibo è bene essere informati in modo adeguato. Il kosher va di gran moda e di pari passo va anche la disinformazione.
È evidente che il kosher sia un business, un grande business, e quindi sono in molti che questo business lo difendono, giustamente, con le unghie e con i denti. Nella difesa però si tende a rinforzare e a non smentire alcune credenze e percezioni che, nella realtà, non hanno nessun fondamento.
La prima cosa da definire è l’ambito religioso delle regole che riguardano la kasherut: non hanno nessun fondamento salutista e i famosi controlli hanno una ragione religiosa e non sanitaria, religiosa e non animalista, religiosa e non umanitaria. Perché gli ebrei possono mangiare soltanto animali permessi e macellati secondo il rituale.
La conseguenza quindi è la consapevolezza del fatto che i famosi controlli che fanno i rabbini niente hanno a che fare con il biologico, la filiera, la qualità dei prodotti o le certificazioni di qualità: sono controlli di tipo religioso. Per esempio la macellazione rituale, la schechità,si svolge nei mattatoi comuni: quando questa è programmata, il mattatoio si ferma per il tempo necessario alla macellazione kosher e poi riprende normalmente.
Questo per dire che gli animali sono esattamente gli stessi, animali d’allevamento, e non bestie allevate nei pascoli. Ai tempi della mucca pazza si arrivò al paradosso: esplosero le vendite di carne kosher perché le persone credevano che la carne kosher li garantisse, in realtà presentava gli stessi identici rischi.
Molti pensano che il dissanguamento, che segue allo sgozzamento, sia prerogativa della macellazione kosher ma evidentemente, se così fosse, la bocca di chi mangia carne non kosher gronderebbe sangue a ogni boccone. Anche lo sgozzamento, che in origine rappresentava il modo più “dolce” di uccidere l’animale, è un’operazione molto penosa per la bestia che viene ingabbiata, sollevata e capovolta in maniera tale da offrire il collo per il taglio netto e deciso che il rituale prevede. A onor del vero il controllo kosher prevede un’ulteriore analisi degli organi interni dopo la macellazione, la cui integrità consente la certificazione definitiva.
Un altro aspetto non secondario rispetto alla bontà e al sapore è quello del nervo sciatico, che si trova nella parte posteriore e che va tolto in ricordo di un episodio della Bibbia, quello in cui Giacobbe lotta con l’angelo e viene colpito alla coscia. Già nel testo della Torà c’è scritto “…e per questo motivo gli ebrei non mangiano il nervo sciatico”.
In Italia non c’è uno schocket – figura complessa all’incrocio tra un rabbino, un macellaio e un chirurgo estetico – in grado di fare il prelievo del nervo sciatico perciò nelle macellerie kosher si vende solo la parte anteriore dell’animale che, notoriamente, non contiene pezzi di particolare pregio che si trovano invece nella parte posteriore. Non a caso in Israele c’è un 15% di ebrei ortodossi che è diventato vegano proprio perché non solo gli animali vengono uccisi in modo violento ma perché soprattutto negli allevamenti intensivi vivono male e soffrono. E siccome è kasher ciò che proviene da un animale kasher, un animale che soffre non è kasher e quindi neanche i suoi prodotti come il latte e i suoi derivati.
