Il buio e la luce, e la lotta fra questi due elementi, sono temi ricorrenti in molte religioni, così come una festa legata alle luci nel periodo più buio dell’anno. Chanukkà, è la festa delle luci e ricorda il solito tentativo di distruggere il popolo ebraico.
Qual è una definizione possibile di luce e buio? Una dittatura, un sistema totalizzante che vuole imporre un pensiero unico, piallare le differenze, controllare i comportamenti, negare le libertà e le individualità, possiamo chiamarlo “buio”. La radice della parola chanukkà è “chinuk” che sta per “educazione”, “inaugurazione”, “insegnamento”. I giovani, i ragazzi, i bambini sono persone da “inaugurare” con insegnamenti sempre nuovi e un’educazione che tengano conto della loro unicità e li aiutino nel loro processo di individuazione, affinché siano liberi e fiduciosi in se stessi. Questa possiamo chiamarla “luce”.
Vediamo la storia. Nel 180 a.C. Antioco IV Epifane tenta di ellenizzare il Regno di Israele con la profanazione del Tempio per le cerimonie pagane, la proibizione di alcune pratiche religiose tra cui la circoncisione, il divieto di studiare, la trasgressione forzata dei precetti. L’identità degli Ebrei, già soggetti alle seduzioni della cultura greca, vacilla (atleti ebrei per poter partecipare alle Olimpiadi, a loro proibite, si facevano operazioni di chirurgia plastica ante litteram per nascondere di essere circoncisi).
Nel 167 a.C., quando il Santuario di Gerusalemme viene dedicato a Zeus, scoppia la rivolta. A capeggiarla c’è una famiglia di sacerdoti-guerrieri i quali, riconquistando Gerusalemme, devono riconsacrare il Tempio. La Menorà era la luce perenne, il candelabro a sette braccia, e richiedeva olio d’oliva per l’accensione, che doveva essere puro e che non c’era perché tutto era stato sconsacrato. Il Talmud racconta che per miracolo fu ritrovata solo un’ampollina con il sigillo del Gran Sacerdote e che, invece di durare un solo giorno, questo poco olio durò otto giorni. Da qui la durata di otto giorni della festa, con l’accensione del candelabro a nove braccia vicino a una finestra, ben visibile per celebrare il ricordo e “pubblicizzare” il miracolo.
Perché l’olio? Perché l’olio non si mischia con l’acqua, è sempre se stesso, mantiene sempre la sua individualità, e dopo un po’ si stacca e ritorna in superficie. Se costruita sulla base della propria inclinazione e sensibilità, la nostra identità è più forte e la nostra individualità riesce sempre a venire a galla.
